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Archive for the ‘gestione del personale’ Category

Cosa si intende per Q.S.? Si tratta del Quoziente Spirituale. Ebbene sì! Dobbiamo iniziare ad arrenderci ad un’evidenza: sembra, dalle recenti scoperte e osservazioni, che l’essere umano non sia propriamente ed esclusivamente una macchina programmata per rispondere a determinati bisogni, pulsioni e istinti di natura animale. Oltre al QI ( quoziente intellettivo) al QE (quoziente emozionale) finalmente è stato appurato che esiste anche un Q.S. Altresì definito come desiderio di trovare un significato e scopo di vita, nonché desiderio di vivere una vita integrata. Sono sempre più numerose le persone che non si accontentano di vivere per lavorare né di lavorare per vivere. Né schiavi del lavoro né schiavi delle necessità e dei loro impulsi e desideri. A muovere questi portatori sani di consapevolezza spirituale nella professione e nella vita c’è il desiderio di auto realizzazione, che nella scala dei bisogni di Maslow è situata al vertice della piramide, indice che è il risultato della soddisfazione e superamento dei bisogni primari di sopravvivenza, sicurezza, appartenenza e stima, per muoversi verso la piena manifestazione e realizzazione della propria natura più autentica, della ghianda custodita in ciascuno. Auto realizzarsi non significa aver scalato la vetta della piramide politica, economica, finanziaria, mediatica e sociale, non ha a che fare con il riconoscimento esterno e tuttavia tale riconoscimento può manifestarsi, ma non è ciò che fornisce la spinta motivazionale.

Al vertice della piramide dei bisogni il lavoro è svolto con spirito di servizio nel pieno riconoscimento e consapevolezza che la vita è interdipendenza oltre che interconnessione. Ed è proprio lì che la vita diventa creativa, ricca, fonte di bellezza e di abbondanza per se stessi e per gli altri.
Durante il processo di sviluppo di coscienza ci si muove dalla percezione e intenzione del “vivere tra” le persone, considerando gli altri come un mezzo per la realizzazione dei propri fini, al “vivere con”, al “vivere per” e al “vivere in”. Il grande passaggio che stiamo vivendo, anche a livello professionale è collegato alla desiderio crescente di dare e trarre significato dal proprio lavoro, di sentire che la propria attività è funzionale a risolvere i problemi che a livello globale stiamo vivendo piuttosto che continuare ad essere partecipi dell’aggravarsi degli stessi. Cresce il bisogno di conciliare vita e lavoro per mostrare attraverso le azioni concrete e attraverso la presenza, anche fisica, che le persone che stanno accanto sono importanti. Cresce la necessità di ricordare che siamo esseri umani.
#QS #bigquit #greatresignation #conciliare #consapevolezza #sostenibilità #intelligenzaspirituale

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Questo articolo nasce dopo un laboratorio sul tema della promozione professionale e autoimprenditorialità svolto con una collega durante il quale più volte i partecipanti citavano, con una certa ciclicità due parole: Fiducia e Valore.

Oggi mi soffermo a riflettere sulla seconda, sulla parola valore, sul suo significato, spesso frainteso e confuso con il prezzo. L’etimologia della parola ci può venire in aiuto il cui significato rimanda all’idea di forte, gagliardo, merito e il suffisso “orem” indica una disposizione o stato. Quindi è di valore ciò che permette di conseguire o mantenere uno stato di forza e vitalità, energia. Quando il lavoro, – proprio e altrui – o quando i prodotti ottenuti attraverso il lavoro, vengono sminuiti, sottostimati, il prezzo non potrà che riflettere questa svalutazione. Il prezzo è il risultato di calcolo di costi e ricavi, e di legge di domanda e di offerta. Il prezzo è collegato al costo dei materiali impiegati, delle competenze e abilità necessarie per per la realizzazione di un bene o per la prestazione di un servizio; è collegato alla necessità di dare continuità ad un ciclo produttivo e di vita di una impresa. Ma è influenzato anche dalle politiche economiche nazionali e internazionali e soprattutto dalla “cultura” socio economica del tempo e del luogo”, ossia dalle emozioni e schemi di pensiero di un’epoca e contesto, che a loro volta sono influenzate dalla comunicazione mediatica e non solo.

Il prezzo non ha a che fare con il vero valore delle cose. Il prezzo è mediazione di tanti elementi e considerazioni. Il valore è altro. Le cose che sulla terra hanno maggior valore sono completamente sottostimate in termini di prezzo. L’acqua potabile, l’aria, la terra, la vita sono i primi esempi che mi vengono in mente che subiscono un costante processo di disistima e sono valori perché ne abbiamo assoluto bisogno per mantenerci in uno stato di vitalità ed energia. Ecco che il prezzo non può riflettere il vero valore delle cose perché alcune di queste sono inestimabili per loro stessa natura e molte altre sarebbero per la maggioranza delle persone inaccessibili. Altre ancora che invece “costano” molto, possono essere quasi del tutto prive di valore eppure riscontrare grande attrattiva.

Quando il lavoro è sottopagato viene tolta la possibilità di disporre di tutta l’energia (denaro) necessari per conservare uno stato di vitalità e di forza che sono necessari per far fronte alle esigenze della vita. Viceversa una sovrastima eccessiva, in termini di prezzo, porta a distribuire un’eccesso di forza- energia (e quindi anche il denaro) che se non viene incanalata in modo opportuno, molto spesso o viene sprecata o accumulata, e questo genera distorsioni in un sistema, genera malattia (per esempio bolle speculative, eccessi di risparmio, consumismo, investimenti “sbagliati”). Prezzo e valore sono due cose molto diverse.

La frase che ho scelto di Maria Montessori parla di “coscienza del valore”, coscienza di quali siano le cose da cui triamo davvero vitalità, energia e forza per la vita, che ci nutrono e ci sostengono; e coscienza di quali siano le abilità che a nostra volta ci permettono di donare forza, vitalità ed energia agli altri e alla Vita, attraverso il nostro agire quotidiano, attraverso il nostro lavoro.

Avere coscienza delle proprie predisposizioni, scoprire il proprio talento, ciò in cui già si percepisce di avere una certa forza, e riuscire ad esprimerla, allenarla e perfezionarla, che si tratti di una tendenza e predisposizione organizzativa, abilità nell’amministrare, inventiva e creatività – che possono esprimersi non solo in un lavoro artistico ma come arte di vivere e di trovare soluzioni nuove – significa scoprire il proprio valore ed esprimerlo, autorealizzarlo. In questo modo il ciclo di “dare e ricevere” trova il suo equilibrio e bilanciamento.

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La consapevolezza ci aiuta a riconoscere cosa fa vibrare la nostra anima, qual’é il sogno che ci muove, e gli ostacoli interni ed esterni che abbiamo di fronte. La volontà è il fuoco che alimenta quel sogno, orienta le nostre azioni, le organizza. Sono due strumenti che ci consentono di compiere una azione: una più interna di conoscenza, osservazione e presenza, l’altra più esterna, orientata verso un intento ed obiettivo. E solo usando entrambi gli aspetti che possiamo davvero parlare di azione consapevole e libera da impulsi, istinti e condizionamenti mentali derivanti anche dal contesto socioculturale in cui ci troviamo.

Entrambi questi strumenti sono vie preferenziali di approccio alla vita in base alla diversa tipologia biopsichica. Sono una risorsa ma al tempo stesso possono diventare un limite quando usati in modo eccessivo. Ed entrambi gli aspetti possono essere allenati, equilibrati, e usati in modo consapevole e specifico.

Un essere umano è un organismo vivente dotato di un corpo fisico, di emozioni e di una mente e svolge diversi ruoli sociali nella vita, alcuni ritenuti più gratificanti di altri sia per fattori interni che esterni. Riuscire ad armonizzare tutti questi aspetti, armonizzare il proprio “team interiore” richiede consapevolezza e volontà, una volontà che sia al tempo stessa forte, in grado per esempio di riuscire a superare le tendenze impulsive , ma che sia anche buona e saggia.

Anche le imprese, proprio come ogni essere umano sono un organismo vivente, fatto da una molteplicità di individui che si relazionano tra loro e lavorano in team che possono essere statici o fluidi, in costante cambiamento per turni di lavoro, per cambiamenti aziendali quali fusioni, incorporazioni, e collaborazioni strategiche. Ed ogni impresa ha un suo corpo fisico (la struttura aziendale), un suo corpo emozionale, (le emozioni prevalenti nell’ambiente quali paura di una crisi aziendale, o piuttosto una fiducia reciproca, livello di stress etc.) e un corpo mentale (convinzioni, regole formali ed informali, sistema socio culturale in cui è inserita). Compito del leader è di indicare la direzione e per farlo deve potere osservare la situazione a 360 gradi il che implica capacità osservativa, consapevolezza – delle risorse fisiche, energetiche e di competenze e abilità interne e di osservare gli ostacoli interni ed esterni, ma anche capacità di orientare il “fuoco” dei suoi collaboratori e creare unità di intento. Per farlo se si agisce solo attraverso la volontà forte si andranno ad alimentare quelle emozioni interne che stanno creando ostacolo o che provano paura. Integrando anche una volontà buona e saggia allora il focus sarà centrato su come ottenere il miglior risultato possibile con il minor dispendio di energie, in senso sistemico ed olistico.

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Team building e creatività

Un team è composto da persone spesso molto diverse tra loro: diversità di idee, di pensieri, di sentimenti, di bisogni. Diversi modi di percepire la realtà, di relazionarsi, di comunicare. Questa diversità rappresenta al tempo stesso il rischio di disperdere energia in termini di tempo, e non solo, ma anche l’opportunità di poter accogliere tanti spunti diversi. L’incontro con la diversità è un momento di estrema creatività e dove c’è molta creatività c’è anche rischio di caos e conflitto.
Per stare nella diversità è importante saper so-stare nel possibile conflitto – che è quel momento, più o meno lungo di scontro di idee, opinioni, desideri e che nella pratica può durare da pochi istante a decenni e più, la storia c’è lo insegna – senza lasciarsi intrappolare in esso. Richiede la capacità di incontrare e includere che sono azioni che vanno a creare un movimento psicosintetico – ossia di sintesi tra elementi diversi all’interno di un team, un movimento di convergenza.
Spesso invece c’è la tendenza a circondarsi di yes man, di adulatori, o di chi è sulla stessa linea d’onda. Richiede minor dispendio di energia nel breve ma un maggiore dispendio futuro, in termini di creatività persa. E creatività ed innovazione e sviluppo vanno a braccetto.
Scegliere l’incontro e l’inclusione è una azione e l’azione per essere davvero efficace richiede l’accordo del pensare, del sentire e del volere. Se la diversità può essere vista come un movimento che sospinge in direzioni opposte, l’incontro e l’inclusione sono una scelta di dirigersi verso la rotatoria e la rotatoria è un momento di possibile caos ma anche di convergenza che richiede di trovare un suo ritmo, frutto di un accordo comunicativo e relazionale definito da regole, più o meno condivise dal gruppo stesso.

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Assagioli 2

Quando si parla di sviluppo si intende quell’azione volta a liberare un organismo da ciò che lo “avviluppa”, lo costringe e ne ostacola la piena espressione delle potenzialità di autorealizzazione. Con il termine evoluzione invece si intende quel movimento a spirale in costante espansione. Ci rendiamo subito conto che sviluppo ed evoluzione, ma anche autorealizzazione sono  concetti che interessano non solo i singoli individui ma anche i contesti gruppali, quali possono essere un impresa, una città, una regione, una nazione e una comunità di nazioni. Già la parola “Psicosintesi” chiarisce l’attitudine e il processo che si vuole favorire attraverso l’utilizzo di tale metodo all’interno di un organismo vivente, sia esso un individuo, o un gruppo di individui: ossia il favorire una sintesi appunto ( ossia comporre, mettere insieme) diversi aspetti di una psiche, (etimologicamente rimanda all’idea di “respiro” “soffio”) intendendo con tale termine ciò che muove e dà vita a quello specifico organismo vivente. Quindi l’obiettivo, se vogliamo dire così, della Psicosintesi è di favorire una armonizzazione, una composizione armonica, creare unificazione tra i diversi aspetti dell’anima di un dato organismo vivente.  Questo implica sia l’esistenza di una molteplicità che di un centro in grado di operare unione e armonizzazione. Se c’è armonizzazione  significa che tutti gli elementi che compongono la molteplicità  stanno cooperando, la loro energie si muove in una direzione concordata e dove c’è armonia c’è bellezza che diviene percepibile anche all’esterno, al pubblico-mercato- contesto a cui si rivolge. L’impresa è un organismo molteplice poiché costituita da tutti quegli individui che ne fanno parte e che lavorano assieme in base alle direttive gestionali  e organizzative stabilite da chi fa da centro di sintesi e armonizzazione.

Cosa accade quando questo “centro” trascura di prendersi cura delle varie parti che compongono la sua struttura? Più o meno ciò che accade quando adottiamo comportamenti che possono nuocere il nostro corpo solo per soddisfare alcuni desideri o interessi poco consapevoli.  Si rischia  di compromettere lo stato di salute, o il livello di energia di quell’organo e di conseguenza dell’intero organismo,  che inizierà a manifestare sintomi di malessere con cui cercherà di segnalare la necessità di attuare dei cambiamenti nella gestione delle abitudini. Lo stesso vale anche nel caso delle imprese e della sfera economica in generale, ma anche nel caso di un contesto sociale o di una nazione. Solo che i sintomi avranno nomi e forme di manifestazione diversi. Se chi ha la responsabilità (ossia a cui spetta l’abilità di dare risposte, ovvero il leader) saprà leggere tali sintomi per tempo, potrà valutare azioni correttive che favoriscano una maggiore coesione e sintesi del gruppo di lavoro anche a scapito del proprio vantaggio personale ma nell’ottica del benessere e sviluppo dell’intero organismo azienda. In caso contrario il rischio è di aggravare il sintomo o di tentare a sedarlo acuendone il malessere. Proprio per l’obbiettivo intrinseco ed etimologico  della Psicosintesi si può dire che sia uno strumento che trova  applicazione in ogni sfera del quotidiano vivere ovvero educativa-formativa, ma anche politica, economica e sociale e che sia sempre più urgente che chi ha compiti di leadership, in ogni contesto e sfera sia consapevole del compito che è chiamato a svolgere quale centro organizzativo di composizione armonica di una molteplicità. 

 

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Ciascun essere umano è in sé un micro sistema economico con bisogni e risorse,  ed spinto all’azione da pensieri e desideri, consapevoli o meno. All’inizio del percorso evolutivo questo micro sistema economico risponde a principi istintuali ma man mano che l’individuo evolve la modalità istintuale cede il passo ed il sistema diviene responsivo ad una maggiore consapevolezza, presa di coscienza e responsabilità. Questo perché  ogni micro sistema (l’Essere Umano) è inserito in una rete che lo collega ad altri micro sistemi con cui entra il relazione, e talvolta anche in conflitto. Ogni “passaggio evolutivo” avviene attraverso una serie di situazioni definite di “crisi” che determinano al contempo una situazione di pericolo ma anche una opportunità di crescita ed evoluzione. Lo stesso principio riguarda anche le imprese in genere e l’economia globale.   Per questo motivo è importante che  l’approccio nella consulenza aziendale sia sistemico e includa non solo fasi di consulenza ma anche fasi di counseling, che viene attuato in base agli strumenti del counseling ad approccio olistico, con strumenti e modalità che possano favorire il superamento delle situazioni di crisi.

 

 

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Talvolta può capitare che la persona che svolge un ruolo di coordinamento di più collaboratori sia effettivamente preparata professionalmente ma difetti di alcune qualità comunicative e relazionali con collaboratori e manager.  Alcune tecniche comunicative possono essere insegnate ed apprese, ma risulteranno artificiose e inutili se a livello emozionale la comunicazione non cambia. Sappiamo che la comunicazione verbale influenza per circa il 7% la relazione interpersonale mentre il restante 93% è collegato a quegli elementi che recepiamo “a pelle” attraverso l’inconscio e proprio perché inconsci li percepiamo attraverso sensazioni fisiche, stati emotivi. Controllare la gestualità e la mimica è possibile in un certa misura ma il risultato appare artificioso e poco spontaneo con scarsi risultati nel lungo periodo. Sentirsi a proprio agio nello svolgimento di un ruolo significa accettare ed affrontare ciò che quel ruolo comporta: preparazione (intesa come esperienza cognitiva e pratica), responsabilità (intesa come abilità a dare responsi) disponibilità a trasmettere le proprie conoscenze, tanto per fare alcuni esempi. Sembrano cose ovvie che però implicano alcuni fattori importanti quali: buon livello di autostima, conoscenza dei propri limiti e propri punti deboli, coraggio di affrontare ostacoli e sfide (inteso come “agio nel cuore” ). Queste qualità possono essere ri-scoperte, sviluppate e potenziate attraverso percorsi  di counseling e coaching individuale e di gruppo. Riportare alla luce queste qualità significa fare pulizia di paure quali:  di non essere all’altezza, di condizionamenti su modelli educativi o manageriali appresi in precedenti contesti, o della paura di non riuscire a conciliare carriera e lavoro e dover rinunciare a qualcosa. Uno degli atteggiamenti più frequenti in chi svolge ruolo di “capo” è confondere l’autorità con l’autorevolezza eccedendo in modalità comunicative o di tipo aggressivo o di tipo passivo a causa dei fraintendimenti relativi alla funzione, gestione ed uso dell’energia aggressiva. Trovare il giusto mezzo non è un atto standardizzato da usare come formula magica con ogni collaboratore ma è un’azione che si rinnova di momento in momento a seconda dell’interlocutore, della situazione e del contesto.  Se il capo è donna poi è importante che non rinunci alle qualità specifiche di genere per imitare un modello che non le appartiene ma semmai che trovi la modalità che le è propria per svolgere  il proprio  ruolo.

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