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Archive for the ‘Senza categoria’ Category

Cosa si intende per Q.S.? Si tratta del Quoziente Spirituale. Ebbene sì! Dobbiamo iniziare ad arrenderci ad un’evidenza: sembra, dalle recenti scoperte e osservazioni, che l’essere umano non sia propriamente ed esclusivamente una macchina programmata per rispondere a determinati bisogni, pulsioni e istinti di natura animale. Oltre al QI ( quoziente intellettivo) al QE (quoziente emozionale) finalmente è stato appurato che esiste anche un Q.S. Altresì definito come desiderio di trovare un significato e scopo di vita, nonché desiderio di vivere una vita integrata. Sono sempre più numerose le persone che non si accontentano di vivere per lavorare né di lavorare per vivere. Né schiavi del lavoro né schiavi delle necessità e dei loro impulsi e desideri. A muovere questi portatori sani di consapevolezza spirituale nella professione e nella vita c’è il desiderio di auto realizzazione, che nella scala dei bisogni di Maslow è situata al vertice della piramide, indice che è il risultato della soddisfazione e superamento dei bisogni primari di sopravvivenza, sicurezza, appartenenza e stima, per muoversi verso la piena manifestazione e realizzazione della propria natura più autentica, della ghianda custodita in ciascuno. Auto realizzarsi non significa aver scalato la vetta della piramide politica, economica, finanziaria, mediatica e sociale, non ha a che fare con il riconoscimento esterno e tuttavia tale riconoscimento può manifestarsi, ma non è ciò che fornisce la spinta motivazionale.

Al vertice della piramide dei bisogni il lavoro è svolto con spirito di servizio nel pieno riconoscimento e consapevolezza che la vita è interdipendenza oltre che interconnessione. Ed è proprio lì che la vita diventa creativa, ricca, fonte di bellezza e di abbondanza per se stessi e per gli altri.
Durante il processo di sviluppo di coscienza ci si muove dalla percezione e intenzione del “vivere tra” le persone, considerando gli altri come un mezzo per la realizzazione dei propri fini, al “vivere con”, al “vivere per” e al “vivere in”. Il grande passaggio che stiamo vivendo, anche a livello professionale è collegato alla desiderio crescente di dare e trarre significato dal proprio lavoro, di sentire che la propria attività è funzionale a risolvere i problemi che a livello globale stiamo vivendo piuttosto che continuare ad essere partecipi dell’aggravarsi degli stessi. Cresce il bisogno di conciliare vita e lavoro per mostrare attraverso le azioni concrete e attraverso la presenza, anche fisica, che le persone che stanno accanto sono importanti. Cresce la necessità di ricordare che siamo esseri umani.
#QS #bigquit #greatresignation #conciliare #consapevolezza #sostenibilità #intelligenzaspirituale

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Premetto che quanto segue è in parte uno sfogo nel constatare come stanno le cose nel mondo del lavoro nel 2022. Certo non ovunque e non per tutti. Ma per molti sì.

Per lavoro ascolto le persone e le ascolto perché ascoltare fa bene a chi ascolta e a chi si sente ascoltato. Molti di coloro che ascolto sono lavoratori, di diverso ruolo e funzione, di diversi contesti organizzativi e settori. Alcuni sono lavoratori in cerca di occupazione, o studenti che si affacciano sul mondo del lavoro, o lavoratori che desiderano cambiare lavoro o lavorare per un’azienda diversa.

Ciò che spesso emerge è la dura verità con cui molti si scontrano; una realtà che sembra appartenere a pochi sporadici casi da cronaca ma che è più diffusa di quel che si pensa. La verità è che essere umani non è più di moda e non è più il modo in cui si viene trattati o ci si rapporta.

Alcuni esempi? Vediamo ….direttori del personale e capi di azienda che a malapena conoscono il nome dei loro dipendenti e nulla più; che ascoltano i loro dipendenti senza mai alzare lo sguardo dal pc, vuoi per paura del confronto e perché relazionarsi con un pc è più semplice o vuoi perché hanno “altro” da fare. Costoro non si accorgono delle dinamiche relazionali distorte che inficiano la gestione delle attività e se si accorgono scelgono di non fare nulla, nella speranza che le cose si sistemino da sé. Richieste di straordinario che vanno oltre il limite massimo, e allora per non incorrere in sanzioni non vengono nemmeno segnate, tanto prima poi le recuperano …con le ferie….che tanto non si riescono a fare perché sotto organico o non si possono fare. Proposte contrattuali del tipo …”per un anno lo stipendio è di 800,00 euro al mese ma non sono previste ferie. La malattia non è retribuita e sono previste delle penali. Ma dopo un anno puoi salire di livello e guadagnare 1000,00 euro”. Oppure “un periodo di lavoro non retribuito (da uno a tre mesi) ma poi, se lavori bene, tranquillo che vieni assunto”. O ancora lo stipendio è di….ma restituisci in contanti un tot. Oppure 400,00 euro al mese per 8 ore di lavoro al giorno senza rimborsi spese viaggio o buoni pasto. Tanto che bisogno c’è di mangiare? Una merendina e si riprende. In fin dei conti non hai esperienza del settore; o magari sei troppo giovane, o forse non lo sei più a sufficienza. Per non parlare degli stipendi orari dai 3 a cinque euro l’ora. I contratti su chiamata del tipo: ti chiamo quando ho bisogno per cui devi essere sempre disponibile. Altri esempi? Vediamo.. potrei raccontare di chi ha provato a chiedere un permesso per una importante necessità familiare, che non sto a riportare, ma questa pretesa gli è costata la perdita del lavoro.

Non sto parlando di piccole imprese che a loro volta hanno problemi di sopravvivenza. Alcune lo sono ma altre no. Altre sono grandi aziende di diverso settore e tipo di attività, enti pubblici, cooperative i cui manager hanno stipendi medi di 10 volte ( a volte molto di più ) rispetto ai loro collaboratori e per cui una riduzione del fatturato dello 0,tot% o un mancato incremento del tot % sono le motivazioni che stanno alla base di turni di lavoro disumani. Tanto gli straordinari costano meno che nuove assunzioni. Il problema non è il gap tra gli stipendi dei manager e dei loro collaboratori. Il problema è che quello stipendio contiene anche una quota parte di ciò che renderebbe la vita più dignitosa ad altri, o quanto meno vivibile. Il problema è che il collaboratore non è visto in quanto tale ma è visto come una merce da sfruttare fino a che regge. E più di un anno o due non reggono. Ma poco male, tanto poi ne arriva uno che ha più bisogno, più fame, e allora accetterà.

Alcuni lavoratori ci provano a “tener duro” ma poi soffrono e si ammalano. Soffrono o si ammalano perché non hanno una vita. Alcuni perché non hanno abbastanza denaro per permettersela e altri perché non hanno il tempo da dedicarle.

E siccome i lavoratori nostrani hanno poca voglia di lavorare allora proviamo con gli stranieri. Loro fanno meno storie. Loro sono disposti a vivere in 10 o 15 in un appartamento di 70 mq. Non di giorno ovviamente, perché di tanto in tanto la polizia locale passa a verificare. Ma di sera, quando cala l’oscurità arrivano, con le loro bici, e vanno a dormire sui quei comodi materassi a terra. Dormire a terra ha i suoi vantaggi; fa bene alla schiena. Inoltre puoi dividere le bollette per 10 o 15!

Emergono così due aspetti: quello diurno, razionale, emerso; e quello dell’ombra, di ciò che emerge dall’oscurità della notte e della psiche. Quello diurno spesso fatto di spot, di slogan, di pubblicità, eventi e convegni sul dare valore alle persone, sul neo umanesimo, sul credere negli esseri umani e sul porre le persone al centro e quello dell’ombra dove le persone sono il mezzo attraverso cui soddisfare i propri obiettivi: di bilancio, di carriera, di realizzazione e di espansione. E quando sono un ostacolo a questi obiettivi rappresentano un problema. E per molti vige la logica: o sei parte della soluzione o sei parte del problema e se sei parte del problema non mi servi. Come se il mondo fosse stato creato solo per alcuni che hanno più diritto di altri. E allora meglio ricorrere alla tecnologia quanto più possibile. Non ha bisogni, se non di manutenzione e aggiornamento dei software, non si ammala, non si ciba, non ha bisogno di ferie e soprattutto non ha emozioni. Non ha emozioni perché non è viva. Ma ciò che non è vivo non potrà mai rispondere e comprendere i bisogni di chi lo è. Potrà comprendere e soddisfare soltanto i bisogni dello stesso livello e tipologia.

Non c’è in me un intento di critica negativa o di giudizio. Espongo un pezzetto di quel grande puzzle che è la vita reale. Una porzione della realtà di alcuni. E questa fetta di realtà è figlia dell’aver considerato il lavoro una merce. Questo ha portato a considerare il lavoratore, le persone, alla stessa stregua, quale merce oggetto di scambio; al pari del bestiame e degli altri elementi del regno minerale, vegetale e animale. D’altro canto, così abituati a sfruttare ogni risorsa naturale per ragioni di PIL, se il PIL è la sola cosa che conta a livello individuale, gruppale, nazionale e globale, se l’incremento di fatturato non basta mai, in questa logica trovano spazio e proliferano quei comportamenti e attitudini. A volte sono proprio gli imprenditori e i manager vittime dei loro stessi schemi mentali perché chi tratta da merce non può sentirsi diverso da così e tratta gli altri come in fondo tratta la parte più preziosa di sé.

Come se ne esce? Non se ne esce fino a che si continua a far finta che non esiste. Non si può cambiare ciò che non si vede o che si sceglie di non vedere. Questo può voler dire due cose: o che da questa situazione si trae un vantaggio a cui non si vuole rinunciare, si a livello micro ma soprattutto a livello macro, o che si teme di affrontarla e non si sa e in che direzione muoversi per apportare un miglioramento. O è un mix delle due cose. Nel primo caso c’è poco che l’individuo possa fare singolarmente per cambiare le cose e spetterebbe ai macrosistemi occuparsene. Spetterebbe alla sfera politica, economica e educativa. Nel secondo caso invece c’è spazio per altro; per identificare obiettivi di miglioramento e strategie per attuarlo. E questo altro può essere creato come un abito su misura, adatto al contesto e fuori da ogni ideologia di qualunque tipo che alla fine non fa altro che aumentare il divario tra luce e ombra.

Simonetta Marenzi

Counselor e Coach

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Realizzare, manifestare ciò che si ama, riuscire ad esprimere se stessi implica il coraggio di percorrere il proprio sentiero e  la fiducia di riuscire. Serve coraggio perché ciò che è nuovo o diverso spaventa. Richiede più impegno, attenzione ed energia. I sentieri già battuti sono più semplici ma spesso anche meno emozionanti perché sconnessi dalla propria anima. In un mondo che ama le regole, le procedure, le omologazioni e globalizzazioni essere se stessi è un atto di coraggio. E serve fiducia perché si è disposti all'avventura quando si confida nelle proprie risorse e capacità. La fiducia la si  acquisisce coltivando la relazione, con gli altri, con se stessi e con l'universo e man mano che ci si accorge di avere le forze per superare le piccole e grandi sfide la fiducia aumenta. 
Ripensa alle piccole e grandi sfide che nella tua vita hai affrontato e che ti hanno costretto ad allenare abilità che sono divenute risorse. 
Quali capacità ti accorgi di aver acquisito affrontando quelle sfide? In che modo ti possono essere utili per realizzare il tuo sogno?

#risorse #sfide #abilità #sviluppo #fiducia #coraggio #sentieri #animals #soul #resources #challenges #skills #development #confidence #courage #paths  #yoga #counseling #coaching #psicosintesi

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Oltre gli attaccamenti

Ci troviamo in un periodo dell’anno a ridosso del primo plenilunio di primavera, un momento che parla di fioritura, rigenerazione e di nuove possibilità. La natura ci mostra come questo processo di rigenerazione passa attraverso momenti in cui tutto appare spoglio, privo di colore, di energia e vitalità. La Pasqua ebraica celebra la liberazione di Israele dalla schiavitù e il suo cammino verso la terra promessa. La Pasqua cristiana è simbolo di risurrezione dopo un fase di sofferenza per dover lasciare andare gli attaccamenti, lasciar morire le identificazioni. Entrambi sono pertanto simboli che parlano della necessità di attraversare momenti bui portare rinnovamento e aprirsi a nuove possibilità.

Chi inizia un percorso personale di sviluppo impara a riconoscere le varie forme di schiavitù che imprigionano l’anima e tutto il processo è funzionale a favorire la liberazione da quelle schiavitù e il movimento verso una maggiore bellezza e abbondanza, verso la terra promessa. E’ al tempo stesso un processo che porta ad abbandonare gli attaccamenti, le identificazioni con alcuni aspetti della personalità affinché si possa riconoscere la nostra vera essenza, l’anima, oltre l’illusione delle forme con cui si vela.

Questo processo di liberazione dell’anima da quegli attaccamenti che generano schiavitù comporta momenti di difficoltà e ostacoli da superare per rinascere a nuova vita e portare in espressione le qualità latenti dell’anima. Le maggiori difficoltà sono rappresentate dalla paura, ma l’antidoto alla paura lo si può trovare imparando a coltivare l’ascolto interiore e osservando la natura circostante del micro e del macro cosmo. Una natura che nel suo funzionamento mostra che nell’universo esistono forze ed intelligenze che superano di gran lunga le capacità e intelligenze umane ed è una natura che parla un linguaggio che esprime bellezza, saggezza, volontà, intelligenza, interconnessione.

Meditazione: Questo momento dell’anno può essere l’occasione per meditare su quali sono quegli aspetti, elementi interiori che ti fanno sentire prigioniero, ti causano difficoltà e ti impediscono di creare un movimento verso ciò che vorresti manifestare nella tua vita. Vorresti cambiare lavoro ma la paura prevale? Vorresti avviare un nuovo progetto ma temi che sia un’idea avventata o di non avere le energie e le risorse necessarie? Entra in contatto con quella paura, osservala. Che aspetto ha? Cosa dice? In che modo riesce a trattenerti? Anziché sprecare energia nel combattere la paura, accettare che ci sia e ascoltare cosa ha da dire fornisce indicazioni su come procedere lungo il cammino. Un cammino che auguro a tutti ricco di bellezza, abbondanza e gioia.

#Pasqua #Bellezza #superaregliostacoli #sviluppo #rinascere #anima #soul #beauty #awareness #meditazione #mindfulness

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Questo titolo fa riferimento al lavoro di Roberto Assagioli, ideatore della Psicosintesi che definì il processo psicosintetico attraverso queste tre parole fondamentali “CONOSCI, POSSIEDI E TRAFORMA”.

Un processo è il modo in cui si intende procedere per raggiungere una meta definendo i passi necessari, gli obiettivi; l’obiettivo serve a dare una direzione alla mente e al corpo piuttosto cha lasciarsi esclusivamente trascinare dalle correnti esterne e dagli impulsi interni.

Queste tre parole suggeriscono che se ciò che accade nella nostra vita e attorno a noi, in un determinato contesto o ambiente, non crea più uno stato di bene, sia a livello individuale che di gruppo, esiste un metodo che aiuta a modificare e trasformare la situazione; tale metodo richiede tappe definite.

La prima tappa richiede di conoscere e prendere atto del problema in ogni suo aspetto ed è una fase che va ad espandere la consapevolezza. La seconda tappa – possiedi – richiede assunzione di responsabilità. Solo quando riconosciamo che la situazione ci appartiene, che ne facciamo parte e abbiamo avuto un ruolo nel generarla, inizia la possibilità di agire in modo nuovo e dare una forma nuova – trasformare – una situazione secondo un intento più chiaro e procedendo con un ritmo che sia sostenibile e tenga conto delle risorse disponibili e delle abilità e qualità da acquisire necessarie allo scopo.

La trasformazione spesso spaventa perché implica cambiamento. Eppure l’unica costante certa della vita è il cambiamento. Nulla permane immutato. Nemmeno le più solide tra le montagne. La materia è impermanente e subisce modifiche di forma e quando una forma non è più in grado di soddisfare determinate esigenze e bisogni o ha esaurito il suo compito la Vita, ciò che alimenta e anima quella forma dal di dentro, si ritrae e alimenta una forma nuova. Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.

Se tutto è soggetto a cambiamento e tale cambiamento è una legge di natura e pertanto superiore alla volontà e potere dell’uomo, all’umano resta la responsabilità e la libera scelta di chiedersi e valutare, possibilmente per tempo, quale cambiamento sia necessario apportare.

Quale cambiamento apportare nella mia vita? Quale nella nostra azienda? Di quale cambiamento ha bisogno la nostra città, nazione, mondo? Come attuare questo cambiamento? Con quale passo procedere e quali tappe sono necessarie? Quali esigenze e bisogni non trovano ascolto e inclusione; come e in che misura sono soddisfabili? Chi può fare cosa e come?

Queste domande sono fondamentali affinché il cambiamento non sia un fatto imposto solo dalla vita o da chi ha maggiore potere di influenzarlo all’interno di un piccolo o di un macro sistema ma sia un processo attivato e gestito in base ad una scelta consapevole di quale sia la tras-forma -azione che si vuole manifestare nella propria vita e in quella di gruppo.

La trasformazione può essere dettata da vicende “esterne” ma può essere con-cord-data attraverso una relazione consapevole e costruttiva tra le persone e tra le persone e la natura. Questa relazione consapevole inizia allenando la capacità di ascoltare esternamente ed internamente: l’Umano, la Natura. e soprattutto il Sè, la Vita sul piano interiore.

Se la vita, nel suo aspetto materiale è soggetta al cambiamento, la vita sul piano interiore permane.

Simonetta Marenzi

#change #cambiamento #conosci #possiedi #trasforma #psicosintesi #coaching #sviluppoevolutivo #processo #svilupposociale #sviluppoimpresa #development

Self & Global Develpment

Percorso formativo per lo sviluppo di persone, imprese e comunità

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La seconda nascita

Nelle ere l’essere umano è stato testimone di un processo graduale evolutivo, generato dal superamento di lotte e conflitti sia sul piano interiore che esteriore della vita. Questo ha portato allo sviluppo della struttura biopsichica dell’uomo e contestualmente ha creato un impatto sulla vita materiale quotidiana individuale, relazionale e sociale in ogni sfera: educativa, economica e politica. Ma se tale processo si è reso possibile significa che esisteva una forza latente che lavorava affinché tale processo evolutivo si manifestasse. Una forza celata, imprigionata, che operava e che opera nell’uomo e pertanto superiore ad esso in termini sia quantitativi che qualitativi, ma anche antecedente ad esso.

Se il fine fosse solo l’evoluzione sotto il profilo materiale della vita questo comporterebbe eventualmente un ulteriore graduale perfezionamento della struttura biopsichica, per renderla in grado di compiere un più alto livello di prestazioni fisiche ed intellettuali; sul piano della manifestazione questo comporterebbe la creazione di forme tecnologiche ancora più sofisticate, veloci, intelligenti. Tutta la conquista si limiterebbe però all’espressione delle massime potenzialità sul piano di manifestazione fisica, e una volta raggiunte subentrerebbe la cristallizzazione delle forme e strutture umane e sociali. Dove c’è cristallizzazione c’è inerzia, immobilismo. Il divenire cessa di esistere.

Se questo fosse il fine ultimo della vita tutta la forza nascosta nell’umano, che lo sostiene e lo sospinge sin dall’inizio dei tempi, dimostrando pertanto di essere espressione di Intelligenza, Volontà e Saggezza, resterebbe inconosciuta e asservita esclusivamente ai soli fini materiali di conquiste spazio-temporali.

Nella grotta interiore di ognuno esiste quindi questa forza che può nascere dalla materia affinché possa esprimersi, non solo per fini utilitaristici e prestazionali – più forza fisica, intelligenza, velocità e quindi più potere, ricchezza, fama, ma per offrire i doni che le sono propri fin dall’inizio dei tempi.

Questa nascita è l’emergere graduale dello Spirito attraverso la materia, il rivelarsi dell’Anima celata in ogni forma.

Ecco quindi il movimento che si intravede essere necessario: una propria ascesa verso il Sè per far discendere il Sè nella materia e spiritualizzarla. Una ascesa che è mossa da aspirazione e una discesa graduale collegata alle possibilità di recettività dello strumento umano. Una nuova nascita mentre ancora siamo in vita è dunque possibile.

“Dobbiamo nascere due volte per vivere un po’, anche solo un po’. Dobbiamo nascere nella carne e poi nell’anima. Le due nascite sono come uno strappo. La prima proietta il corpo nel mondo, la seconda lancia l’anima al cielo”.(Christian Bobin)

#natale #nascita #christmas #sviluppoevolutivo #souleconomy #yoga #psicosintesi

In the ages the human being has witnessed a gradual evolutionary process, generated by the overcoming of struggles and conflicts both on the inner and outer planes of life. This has led to the development of the biopsychic structure of man and at the same time has created an impact on the individual, relational and social daily material life in every sphere: educational, economic and political. But if this process was made possible it means that there was a latent force that worked for this evolutionary process to manifest itself. A hidden, imprisoned force that operated and operates in man and therefore superior to him in both quantitative and qualitative terms, but also antecedent to him.
If the goal were only the evolution under the material profile of life, this would eventually lead to a further gradual improvement of the biopsychic structure, to make it capable of achieving a higher level of physical and intellectual performance; in terms of manifestation, this would involve the creation of even more sophisticated, faster and more intelligent technological forms. However, the whole conquest would be limited to the expression of the maximum potentialities on the plane of physical manifestation, and once reached, the crystallization of human and social forms and structures would take over.
Where there is crystallization there is inertia, immobility. Becoming ceases to exist. If this were the ultimate goal of life, all the strength hidden in the human being, which supports and pushes him since the beginning of time, thus proving to be an expression of Intelligence, Will and Wisdom, would remain unconscious and enslaved exclusively to material ends of space-time conquests. In everyone's inner cave there is therefore this force that can arise from matter so that it can express itself, not only for utilitarian and performance purposes - more physical strength, intelligence, speed and therefore more power, wealth, fame, but to offer the gifts that are proper since the beginning of time.This birth is the gradual emergence of the Spirit through matter, the revelation of the Soul concealed in every form.
Here then is the movement that is perceived to be necessary: ​​one's own ascent towards the Self to make the Self descend into matter and spiritualize it. An ascent that is moved by aspiration and a gradual descent connected to the possibilities of receptivity of the human instrument. A new birth while we are still alive is therefore possible.
"We must be born twice to live a little, even just a little. We must be born in the flesh and then in the soul. The two births are like a tear. The first projects the body into the world, the second launches the soul to the world. heaven ". (Christian Bobin)

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In questo breve articolo mi soffermo a considerare che relazione c’è tra lo stadio evolutivo della coscienza del leader e la struttura dell’impresa?

Potrebbe sembrare una domanda priva di particolare interesse chiedersi che impatto ha lo sviluppo evolutivo del leader, il suo stadio di sviluppo di coscienza, se non fosse che questo ha un impatto sulla vita dell’impresa e sulla sua capacità di rispondere alle sfide di questa nuova epoca.

Ogni impresa si esprime ed opera, internamente ed esternamente sul mercato, dotandosi di una struttura che tra le altre cose definisce la modalità di divisione del lavoro, le regole relazionali e comunicative, quali sono i processi e quale la cultura condivisa. Questo indirettamente trasmette informazioni su quali sono gli schemi mentali che hanno influenzato la struttura stessa, qual’é la visione del mondo, lo Spirito, l’intento che anima l’impresa stessa dandole forma specifica. Attraverso la forma si può risalire allo spirito di un organismo micro o macro che sia.

Chi ha potere di determinare la struttura aziendale? Sono i leader che definiscono la cultura aziendale, i processi e le regole che determinano la divisione del lavoro e le regole comunicative e relazionali. Pertanto la struttura aziendale riflette la visione del mondo del leader, il suo modo di percepire la realtà, le sue priorità. In tal senso per l’impresa diventa difficile evolvere quando le esigenze spazio temporali, del contesto più ampio lo richiedono se tale passaggio di stadio evolutivo non avviene anche a livello di coscienza del leader. Per fare un esempio limite se il leader ha una struttura mentale ed una personalità che lo porta a interpretare il suo ambiente come pericoloso per il soddisfacimento dei suoi bisogni, sarà predisposto ad atteggiamenti di lotta e competizione. Tra le principali priorità ci saranno il mantenere il controllo ed il potere. Questo influirà sulle relazioni interne creando una struttura a gestione top-down, si circonderà di persone fidate, ma non è detto che siano le più competenti tra quelle presenti in azienda, e utilizzerà sistemi di premio e punizione che avranno come obiettivo il mantenere coesa l’organizzazione e il potere.

Una struttura di questo tipo se inserita in un ambiente che richiede sfide nuove e più complesse che necessitano di maggiore fluidità, creatività, innovazione potrebbe trovarsi di fronte a concrete difficoltà di riuscire a far fronte a quelle sfide con seri rischi per l’esistenza stessa dell’impresa. Per sopravvivere ed essere in grado di rispondere alle nuove sfide la struttura dovrebbe mutare. Ma tale mutamento è possibile solo nel momento in cui il leader stesso riesce a mutare la scala delle sue priorità, a consapevolizzare le sue paure, i suoi schemi mentali e la sua visione della vita e questo suo cambiamento si rifletterà di conseguenza nella struttura aziendale. In caso contrario, lì dove non c’è disponibilità di consapevolezza e cambiamento sarà probabile il tentativo di mantenere inalterata la struttura personale e aziendale che rimarrà così bloccata. Ora sorge spontanea un’altra domanda: cosa succede se lo stadio di coscienza del team è ad un passaggio evolutivo superiore rispetto a quello manifestato dalla struttura dell’azienda? La risposta è facilmente intuibile.

Ecco perché lo stadio di coscienza del leader è importante per il futuro dell’impresa oltre che per il clima aziendale.

E’ la struttura che offre i presupposti per i lavoratori di rispondere ad esigenze e richieste più complesse che provengono dal mercato e dalla vita. E in tal senso funge anche da terreno fertile per lo sviluppo delle persone che fanno parte del team e per i sistemi più ampi.

Simonetta Marenzi

Counselor, Coach, formatore.

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Verso un nuovo modello economico

Di recente il professor Giorgio Parisi, vincitore del Nobel per la fisica ha fatto un intervento alla Camera dei Deputati rinnovando l’appello ad agire urgentemente per arginare le conseguenze del cambiamento climatico e ha colto l’occasione per ricordare i limiti di un modello economico e sociale che pone troppa attenzione al PIL.

Entrambi i problemi sono noti da tempo eppure ben poco è stato fatto per modificare un paradigma, quello economico ma anche sociale e di vita, che non è più in grado di affrontare e risolvere i problemi che ha contribuito a creare. Come aveva detto Albert Einstein non possiamo risolvere i problemi affrontandoli con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati. Occorre uno sguardo nuovo e una mente nuova; un nuovo tipo di pensiero. Se il vecchio modello era frutto di un livello di coscienza che ambiva a conquistare, dominare, competere, espandere e acquisire (questi i verbi più utilizzati nel linguaggio economico e finanziario comune) il nuovo modello dovrà avere un’impronta più olistica, sistemica e psicosintetica.

Uso queste parole nel senso etimologico del termine. Sarà un modello olistico nel senso di prestare attenzione non solo a singoli aspetti o parti di un sistema ma anche al sistema intero. Si sta sempre più comprendendo l’importanza dell’interrelazione e reciprocità e si è compreso che un organismo vivente sta bene quando ogni sua parte sta bene.

Sarà un modello psicosintetico perché è importante riuscire a creare composizione armonica, sintesi appunto, tra i diversi aspetti di una Anima, sia che si tratti di una persona o di un organismo più grande come una impresa, una città o una nazione. Creare sintesi non significa indurre parte di un sistema a conformarsi o adattarsi che è piuttosto indice di compromesso o di imposizione. Creare sintesi significa trovare modi nuovi, inclusivi, nella risoluzione dei problemi e dei conflitti. La sintesi in realtà va oltre il conflitto perché è frutto di consapevolezza e volontà; è frutto di capacità di ascolto, di empatia, di comprensione, accettazione e dialogo. Riconosce il valore di ogni parte e ne riconosce il ruolo e la funzione.

Inoltre sarà un modello sistemico, nel senso che sarà sempre più evidente l’importanza delle “leggi”, delle norme, usi e consuetudini presenti in un sistema e che regolano le relazioni e la comunicazione all’interno del sistema stesso. Di queste leggi alcune sono stabilite dagli uomini e pertanto appartengono al tempo e allo spazio, altre sono preesistenti e riscontrabili sia nei micro che nei macrosistemi, sono universali e atemporali.

Questo nuovo modello includerà non solo l’importanza della quantità (PIL) ma anche della qualità e oltre ai processi di produzione, distribuzione e consumo andrà a considerare l’impatto di questi tre fattori sull’intero sistema. Fare questo non è questione di moda ma è una necessità data dai problemi che la nostra epoca è chiamata urgentemente ad affrontare, come peraltro ci ricordano le Nazioni Unite ponendo alla nostra attenzione quei 17 goals che non possiamo permetterci di fallire.

Simonetta Marenzi

Counselor, coach e formatore

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Chi si occupa di #comunicazione sa quanto sia importante l’uso e la scelta delle parole. Ogni parola, pensata, scritta o pronunciata è formata da un insieme di lettere che per convenzione, ossia in base ad un ad un codice comune, hanno un significato specifico. Per esempio, alla parola “orso” chi conosce la lingua italiana associa l’immagine di un animale dalle caratteristiche specifiche quali grosse zampe forti, pelliccia di colore marrone o bianco, corpo massiccio, etc. Ossia alla parola “orso” associamo una immagine specifica.

Le parole sono segni a cui, per convenzione corrisponde un certo significato. Il significato è l’idea, il concetto e anche l’immagine di cui la parola si fa veicolo e supporto. Ogni parola, che ne siamo consapevoli o meno, porta con sé una immagine. Chi si occupa di marketing sa come parole e immagini riescano a influenzare il comportamento dei consumatori nelle preferenze di spesa ed hanno quindi un impatto sulla volontà e sulle azioni concrete.

Nei percorsi, sia individuali che di gruppo, di #crescitapersonale e di #sviluppo delle #potenzialità latenti che conduco, parte del lavoro consiste proprio nel far emergere la consapevolezza di come il cliente dialoga con sé stesso e quali immagini ha di sé. Sono parole e immagini svalutanti o di riconoscimento del valore e delle qualità? Che offrono possibilità di realizzazione o che creano ostacoli? Consentono espansione e collaborazione o creano barriere?

Ogni processo di cambiamento e di sviluppo, sia interiore che esterno, necessita di nuove immagini e di una comunicazione in grado di costruire quei ponti necessari a creare le nuove realtà.

#comunicazione #coaching #counseling #sviluppopotenzialità #sviluppoimpresa #nuovaleadership #impresamoderna #souleconomy

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Ogni gruppo è formato da un certo numero di individui che presentano caratteristiche anche molto diverse tra loro: bisogni diversi, idee diverse e diversi schemi di pensiero; diverso credo religioso, diverso modo di interpretare le esperienze e i vissuti.

Gestire il movimento di un gruppo non è semplice perché la tendenza è di voler forzare quella parte del gruppo che non è in accordo con il movimento proposto da chi ne ha la leadership. Ecco perché di solito i movimenti gruppali, in particolare quando riguardano la vita sociale, ma non solo, spesso sono molto conflittuali e risvegliano emozioni intense che generano rabbia ed aggressività che si manifesta in vari modi creando spaccature interne che vanno a discapito del benessere del gruppo intero. Per di più spesso viene appositamente risvegliata e utilizzata l’aggressività interna di una parte del gruppo contro un’altra parte con l’intento di accelerare i tempi del movimento orientando l’attenzione anziché sullo scopo che si desidera raggiungere assieme, sulla ricerca di un nemico da sconfiggere.

La frase di Rudolf Steiner ci ricorda quanto sia importante invece quel movimento che vada ad includere ciò che è percepito come causa di opposizione; quindi si tratta di un movimento verso l’integrazione che deve avvenire sia nell’anima di ognuno e quindi anche a livello collettivo.

Questo movimento richiede un passo fondamentale che Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi, (Psicosintesi significa proprio integrare i diversi aspetti di un’Anima-Psiche) chiama “accettazione” ed è un ingrediente necessario per ritrovare il benessere, sia individuale che gruppale.

Simonetta Marenzi

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