La crisi finanziaria che ci ha colpito da alcuni anni ha originato, come risposta,alcune reazioni che, sebbene avessero lo scopo di contrastarne gli effetti, hanno peggiorato la situazione rivelandosi dannose per la colletività.
Sappiamo che l’impresa, in generale, realizza un profitto rispondendo ai bisogni della società, ossia fornendo beni e servizi, di cui questa ha un bisogno reale o indotto da forme di pubblicità, a fini di lucro. Il prezzo di vendita è poi determinato da diversi variabili che tengano conto del costo, l’effettivo bisogno-desiderio del cliente di avere quel dato bene o servizio e la sua capacità di spesa. Uno degli effetti della globalizzazione è stato l’ incremento dell’offerta di beni e servizi a prezzi ridotti rispetto ai mercati occidentali, perchè il costo del lavoro, i diritti dei lavoratori e la pressione fiscale di molti paesi esteri sono inferiori rispetto all’Italia. E’ chiaro quindi che, per competere, l’azienda italiana deve diventare interessante o per ciò che offre, quali prodotti e servizi innovativi che riducono l’impatto energetico e migliorino la qualità della vita in senso globale, o deve risultare interessante il prezzo di vendita rispetto a quello della concorrenza. Sappiamo che l’Italia (sia lo Stato che la maggioranza delle imprese) non ha investito nella ricerca e nello sviluppo, né in formazione. Quindi? Quindi si è optato per ridurre i costi. Come?
- Riducendo il numero di lavoratori a tempo pieno indeterminato per aumentare il livello di produttività.
- Ricorrendo a forme di lavoro atipico, o ai lavoratori immigrati, che (per paura di perdere il lavoro, e conseguentemente il permesso di soggiorno), accettano condizioni di lavoro talvolta inaccetabili, in modo da contenere il costo del lavoro;
- Subappaltando e ricorrendo alle subforniture in modo che i rischi e i costi di stoccaggio delle materie, i costi del personale dipendente e di produzione siano a carico delle imprese “satellite”, che si trovano ben presto fagocitate da grandi aziende che dettano loro condizioni contrattuali sempre più rigide e, per sopravivvere, sono costrette a giocare a ribasso sul valore dell’attività svolta, finindo spesso per lavorare in perdita. Questo ha portato alla svalutazione del lavoro e al fallimento di moltissime imprese gettando imprenditori e lavoratori nella disperazione.
Diverso è invece il caso in cui tra le imprese di subappalto e quella subappaltante c’è un collegamento tra soggetti che ricoprono cariche dirigenziali nell’una è nell’altra realizzando doppi profitti a livello personale, ottenendo un risparmiando in termini di costo del lavoro, nella prima, e generando uno spostamento di capitali dalla prima alla seconda.
- Delocallizando, ossia spostando l’attività in territori dove il mercato del lavoro e la pressione fiscale sono inferiori.
Possiamo facilmente quindi capire come le aziende influiscono direttamente sullo stato di salute (anche finanziario) di un contesto territoriale. Mirare ad un maggior guadagno, da parte delle imprese, è lecito e normale. Queste misure sono applicabili da quelle aziende che dispongono già in qualche misura di conoscenze, risorse e capitali. E tutti gli altri? Navigano più o meno nelle stesse, disperate, acque. Dove sta il problema? Forse la politica troppo a lungo si è limitata ad incrementare il peso fiscale e la burocrazia ai danni di imprese e lavoratori spinta dalla necessità di far fronte ad esigenze immediate ed astenendosi totalmente dal regolamentare il mercato economico e finanziario sulla base delle mutate condizioni a livello globale. Se la politica, con la sua funzione di intermediatore e regolatore della vita economica e sociale, viene percepita dal cittadino come grande assente, è ovvio che non resta che rivolgersi al solo interlocutore restante sul campo: impresa contro lavoratori e lavoratori contro imprese ma è un autogoal. Concentriamoci su come migliorare la qualità della vita delle persone, a tutti i livelli ed ovunque, e trasformiamo questa domanda in nuove idee che possono diventare delle opportunità di lavoro e di crescita economica per il nostro creativo e fantasioso Paese.
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